Ai miei pazienti, che sanno condividere intensamente i temi del profondo che mi interessano
Molto più che semplice elemento di costruzione architettonica, la PORTA ha svolto sia nella realtà personale che collettiva funzioni di tale rilievo, che la predispongono a recare con sé quel complesso intreccio di simbolismo che Jung attribuiva all’ “archetipo”.
Storicamente le città erano circondate da mura difensive ; le porte, che ne definivano gli ingressi, erano protette e caratterizzate per specifici riti di accoglimento o viceversa di espulsione. Per curiosità, nella realtà di Milano le cinta murarie furono edificate tre volte : in epoca romana, in epoca medioevale ed infine durante la dominazione spagnola. Tracce di esse sono ancora ben presenti nell’impianto urbanistico di Milano, tanto che si parla tuttora di “cerchia dei navigli”, per designare la circonvallazione realizzata dove un tempo sorgeva il fossato interno e “ cerchia dei bastioni” per definire la circonvallazione più esterna, realizzata sul tracciato delle mura spagnole. Le Porte ( sei in epoca medioevale, dodici in quella spagnola) espressero col tempo una specificità culturale che valorizzava anche il senso di appartenenza del singolo. A Porta Romana ad esempio c’ è un monumento che tutti conoscono, pur non essendo dei più belli o pregiati, dedicato ai feriti di un attacco aereo : precisamente l’attacco del 14 febbraio 1916, da parte di aerei austriaci, che sganciarono bombe, uccidendo una ventina di persone. Evento forse di proporzioni irrisorie, rispetto all’escalation di sciagure ed attacchi cui siamo abituati oggi, ma che nulla toglie alla sua rilevanza di “mito della ferita” di quell’area della città.
Passando dalla Porta della città, come dimensione collettiva, alla porta di casa, il pensiero va al collegamento tra porta e soglia : molte caratterizzazioni sono state fornite alla porta attraverso la soglia, ad esempio ci sono diverse tradizioni culturali che l’hanno espressa attraverso talismani protettivi dalle invasioni ostili. In oriente, specie in zone di cultura Hindu, la funzione talismanica della soglia viene fornita da disegni mandalici composti dalle donne, allo scopo di proteggere casa e famiglia da forze ostili. In occidente viceversa esisteva un tempo il rito del superamento sicuro della soglia di casa nel matrimonio, come valorizzazione dell’unione ( certamente operata in primis dal marito, che si prendeva il carico maggiore di questo ingresso).
Porte d’entrata e porte divisorie : “grammatica del simbolismo”
L’elemento architettonico dunque, arricchito dalla pluralità di funzioni guadagnate nel corso della storia della specie, entra nell’immaginario di tutti noi e dunque anche nei sogni del singolo soggetto.
Ad esempio una paziente, di circa 35 anni ,con una forte tendenza a manifestare il suo disagio psicologico in sintomi somatici, porta in analisi questo sogno, a sei mesi circa dall’inizio del lavoro e a poca distanza temporale dal suo matrimonio:
“Si trovava a casa e doveva aprire il portone per uscire. Presso la porta c’era un serpentello piccino, che pareva volere entrare; non faceva paura, ma quasi tenerezza per le sue piccole dimensioni e per il suo volersi insinuare. Il fatto era con lui ne venivano altri tre, tra cui un cobra dall’aria minacciosa. Lei prendeva una scopa tramite cui sentiva il peso del corpo del serpente nel contrasto offerto alla ramazza. Vedeva i denti del serpente; pensava tuttavia che non sarebbe riuscito a morderla e lo spingeva lontano”.
Le associazioni chiariscono che la porta era certamente una porta d’ingresso, del tipo blindato, e che la casa anche se non era connotata nello specifico, era la sua casa, in cui in quel momento lei era presente insieme al fratello di cui dice “ il suo cambiamento è il mio cambiamento”. Il giovane uomo peraltro, al contrario di lei, sta uscendo da una relazione, da tempo entrata in fase di involuzione.
In un secondo caso la porta d’ingresso è di un palazzo antico, ambientato in un paese del medio oriente. La sognatrice è una quarantenne che affronta le contraddizioni date dalla difficile conciliabilità tra ampiezza dell’ambito professionale e spessore, intimità, della vita relazionale, che fatica a trovare :
“Si trova in un palazzo antico medioorientale ed uscendo dalla porta vede venirle incontro una coppia di Talebani, molto alta, in modo che a lei ( medico) appare patologico. La donna, che camminava dietro all’uomo, con gli occhi chiari come lui, era vestita con il burka locale nero e portava con sé un bambino, appoggiato al corpo, sulle spalle .Il velo del vestito ne lasciava intravedere solo gli arti, allungati, scheletrici. Lei stava uscendo dal castello che aveva al suo interno dei chiostri”
Per amplificazione la paziente associa l’altezza particolare di questi due personaggi onirici ai quadri di Modigliani con i ritratti dal collo allungato ed anche con alcune figure pittoriche di Frida Kalò.
Con una modalità di lavoro diversa dal verbale, che tuttavia attiva altrettanto profondamente il simbolismo presente nella dinamica della psiche , un giovane uomo di 20 anni circa esprime nella seconda esperienza di Sand Play quest’immagine :
Si tratta di un giovane che sta vivendo una fase di contrasto forte con il padre,alle cui debolezze affettive reagisce con rabbia e con un livello di giudizio alto, cui è unito peraltro il dolore di sentirsi non amato da lui. Nel gioco associativo e di amplificazione che caratterizza il lavoro successivo alla costruzione dell’immagine ( che egli definisce come” giardino magico protetto da un’unica via d’entrata, sormontata da un uomo di controllo”) si sorprende a notare che la porta del castello è aperta. Lui si vedrebbe portato ad una chiusura intransigente della relazione con l’uomo che è suo padre, da cui desidera differenziarsi.
Di Porte si può parlare certamente in molte accezioni diverse, a molte delle quali non dedico attenzione in queste pagine : ad esempio in una porta si può entrare e ciò conduce ad una pluralità di esperienze non trattate in questo articolo, di cui ricordo molte accezioni positive : intimità, raccoglimento, protezione, accanto alla chiusura. L’ingresso in una porta reca con sè spesso il significato di volgere verso una fase innovativa di vita.
La seconda dimensione di Porta che volevo invece mettere a fuoco è l’aspetto della Porta divisoria che ad esempio appare in un sogno buffo, che fece sorridere non poco me e la paziente che lo fece, donna che lavorò in termini analitici a seguito di una di quelle vicende della vita adulta che spiazzano e proprio per questo costringono il soggetto ad un’attenzione diversa del Sè :
“Era nella sua casa, nel momento in cui entravano dei ladri. I quali curiosamente si indirizzavano decisi a prendere e portare via le porte di casa, cioè le porte divisorie interne, oltre a quella d’ingresso. Lei li seguiva durante quest’operazione ,turbata, mettendosi le mani nei capelli , mentre mormorava : – no, le porte no, non portatemele via!-“
La stessa accezione di porta divisoria la ritroviamo nel sogno di una un’altra donna in età, una professionista, il cui lavoro psicologico adulto seguì la stessa logica trasformativa, dalla centratura prevalente sull’Io a quella sul Sé, della precedente paziente :
“Era nell’ufficio ( di forma a T ) condiviso con un collega; notava entrando che la porta divisoria era semiaperta e da essa appariva con sua sorpresa proprio il collega, con un grande cane, che era tuttavia il cane di lei. Sembravano molto affiatati, il collega scherzava, diceva che il cane aveva preso a corteggiare una cliente”
Mi fermo a questi esempi, che potrebbero essere più numerosi, se questa fosse una ricerca, mentre quest’articolo si propone solo quale invito alla lettura di alcuni temi onirici, così importanti nel lavoro terapeutico, spero utile per colleghi e pazienti. Parafrasando la distinzione grammatica/ sintassi non c’è dubbio che la tematica del paziente richiede un’indagine a tutto campo del suo mondo onirico, per di più in evoluzione, che va vista nel suo insieme e la cui ampiezza eccede i limiti di questo intervento. Qua ci limitiamo insomma a fare un po’ di analisi grammaticale, sempre utile io penso perché se si confondono gli elementi base di essa, non si possono costruire frasi complesse e dunque pensieri articolati e profondi.
La più immediata osservazione che viene da fare è che le prime di queste immagini dell’inconscio denotano un movimento di uscita, mentre le ultime due un movimento orizzontale di collegamento. Le ho riportate ai fenomeni psicologici di differenziazione ed integrazione, entrambi sottoprocessi descritti da Jung quando parlò di individuazione.
I movimenti di uscita o differenziazione colgono ciascuno aspetti di rilievo per il soggetto che sogna : la casa, in questo caso espressione dell’ Io conscio della paziente si distingue dal serpente, con il suo movimento prossimo alla terra, assimilabile all’ inconscio; il castello protettivo viene differenziato dalla percezione scioccante di un femminile limitato che arranca dietro l’uomo , immagine paradossale per questa sognatrice coraggiosa, che ne coglie le ferite in parte inconsapevoli; il giardino incantato , edenico, si separa attraverso la guerra, che lo sguardo lungimirante dell’uomo con il cannocchiale pare già oltrepassare.
A proposito del movimento di integrazione, i due sogni riportati colgono un processo di abbassamento di difese che consente la ricerca di un’unitarietà più ampia e comunque concreta, non intellettualistica, rappresentata dall’animale che è – di lei ed è con lui-. Nella tradizione junghiana si è parlato sotto questo rispetto di funzione trascendente, come quel processo psicologico orientato a coniugare elementi differenziati, conscio ed inconscio , maschile e femminile ed anche personale e collettivo, tanto che nell’analisi junghiana è così significativo il processo di amplificazione, non solo di associazione. Oggi il paradigma prevalente è cambiato , perché, come è giusto, si tiene presente il riferimento alle neuroscienze e si è ad esempio scoperta la realtà del corpo calloso come dimensione comune ai due emisferi, alla quale si preferisce riferirsi.
La consapevolezza circa la fase che impegna maggiormente il paziente intermini di processo individuativo aiuta la terapia, certamente insieme alla convinzione che questi sottoprocessi non sono mai esauriti e si rinnovavo in ogni stagione della vita , secondo la prospettiva evolutiva che appartiene alla natura e parimenti al processo psicologico. Il quale, nel suo sforzo dialettico, cerca di rinsaldare l’Io al Sé, superando le polarizzazioni troppo rigide, stimolato dai vissuti relazionali e dalla loro eco nel mondo interiore.
Porte non aperte
Ma oltre a quanto detto sinora, il tema della porta mi richiama alla mente per paradosso non solo passaggi coraggiosi, ma anche l’incertezza dei tanti che davanti alle possibilità di percorso, vivono e sperimentano fasi di incertezza e di chiusura : la porta in altri termini non viene aperta, talvolta letteralmente, e dunque vivono fasi prolungate di apparente stagnazione.
Si tratta di persone caratterizzabili per un livello di vulnerabilità più elevato di altre, che può collegarsi ad una sensibilità pronunciata e talvolta ad una fragilità; in alcuni casi dotate di uno stile passivo/aggressivo frequentemente rivolto più contro se stessi che contro altri, nel quale depongono un orientamento critico che non riesce a trasformarsi immediatamente in cambiamento.
Penso ad alcuni adolescenti della generazione attuale, che al combattivo “marinare la scuola”, che induriva i piedi della mia generazione in camminate prolungate in attesa della conclusione dell’ orario scolastico, preferiscono e possono permettersi di stare al computer in cameretta, perché i genitori o sono collusivi con loro o sono impotenti. E’ stato dato anche un nome a questo fenomeno,” fobia scolastica”, che quando si innesta nel contesto familiare è difficile ad interrompersi, e può andare avanti per mesi se non per anni.
Oppure penso ai giovani, con competenze immature rispetto ad un mercato del lavoro selettivo e rarefatto, impietoso per il fatto di accogliere solo i più determinati. Ciascuno di noi può rendersi conto della rilevanza attuale del fenomeno, che traspare anche nella cerchia delle relazioni più dirette, in segreti dolorosi che le famiglie recano con sé.
Mi sovviene a questo proposito il motto eroico del Portone di Jung, così amato da noi junghiani : “Vocatus atque non vocatus, Deus aderit” : talvolta mi è venuto da mormorare, davanti a questa salda certezza, un più dubitativo, milanese “ …sperem!! ” o di ricordare il poetico De Andrè che cantava : ”…Ma forse era stanco, forse troppo occupato, davvero Lo nominai invano!…”
In contesti relazionali così delicati e fragili come quelli appena accennati penso che il lavoro terapeutico sia fondamentale perché altrimenti il “Dio” che magari si profila in certe situazioni limite, non viene davvero incontrato ed il soggetto rimane bloccato in una torre di Rapunzel che ha pericolosi rischi involutivi. Di più : talvolta la terapia individuale non è sufficiente a sbloccare la situazione, ma occorre coraggiosamente associarla ad interventi integrati di tipo sistemico rivolti alla famiglia e a progetti di taglio educativo.
Paola Manzoni
BIBLIOGRAFIA
- Dora Kalff, Il gioco della sabbia e la sua azione terapeutica sulla psiche, OS, 1974
- C. G Jung , Archetipi ed inconscio collettivo, 1959, Bollati Boringhieri
- C .G,Jung, Psicologia dell’inconscio, 1960, Bollati Boringhieri
- C .G Jung, Aion, Ricerche sul simbolismo del Sé, 1959, Bollati Boringhieri
- R. Gordon, Il ponte come metafora dei processi psichici,1993, Bollati Boringhieri
- A cura di F. Montecchi, Il gioco della sabbia nella pratica analitica,1997, F.Angeli
- M.Boriani,C .Morandi, A.Rossari, Milano contemporanea,Maggioli ed.
- M.L. Von Franz,L’individuazione nella favola,2002,Bollati Boringhieri