Risonanze, dissonanze, consonanze ai tempi del coronavirus
“Chi ha visto il monte Kailash dalla cima inviolata della montagna di cristallo? “
Si ritrova spesso questa intrigante domanda nell’ultimo bel libro di Paolo Cognetti, che racconta di un suo viaggio in Nepal; mi è tornato tra le mani in questi giorni molto domestici.
La risposta rimane in sospeso, ma credo che ognuno possa provare a darla.
Viene un momento, come forse è quello che stiamo vivendo, dove più importante della vetta è il sentiero, dove è necessario cercare nuove forme di cammino, cioè di comportamento, perché il nostro usuale modo di vivere è diventato una cima irraggiungibile.
La domanda ha in sé un invito: lo sforzo per conquistare la vetta, i nostri consueti sforzi quotidiani, oggi sono inutili, o meglio dannosi, a noi stessi e agli altri. Ma pensandoci bene, il fine non è quella cima, è qualcosa di meglio, è vedere il monte Kailash.
Bene, ecco l’invito: abbandoniamo l’idea della conquista della cima, abbandoniamo le abitudini consolidate, le nostre certezze, oggi non ci è dato viverle; e concentriamoci sul cercare ugualmente la vista del monte Kailash, perchè è più preziosa, perché è essenziale, perché è il bene.
Credo che ognuno di noi sappia, nell’intimo non svelato, quale sia il suo monte Kailash. E’ il momento di anelare di vederlo, ma cambiando la strada, cambiando riferimenti, cambiando noi stessi, e senza violare nulla.
E una volta al suo cospetto, recuperare tutto quello che davvero conta.
Ogni passo compiuto in quella direzione ci potrà avvicinare al senso ultimo di questa nostra storia, quel lasciare per trovare, movimento così fondamentale per ogni vera crescita individuale e collettiva.
Allora riempiamo bene lo zaino e … auguri!
Giulio Pegorari