Il mondo inquieto delle relazioni: aspetti del contesto socioculturale attuale

Le riflessioni che seguono hanno alimentato il Webseminar che il CEPEI ha organizzato su questo tema nello scorso mese di ottobre 2021, con una particolare sottolineatura al tema del rapporto con la figura paterna : perduta per quanto concerne le incarnazioni dure e direttive della stessa, di un tempo che fu, in profonda evoluzione nel mondo attuale e comunque cruciale nello sviluppo della personalità.

Ma per arrivare a questo tema specifico, dobbiamo fare un passo indietro. Quando, nell “epoca precovid” (sembra di parlare di un mondo che non è più!), avevamo iniziato a progettare il seminario, ci si era palesata immediatamente la prospettiva di un mondo femminile in difficoltà, che di sicuro ha fatto un cammino velocissimo di cambiamento in poche generazioni, ancora poco compreso ed accettato sino a trovarsi a mostrare il fianco ai fenomeni di violenza e maltrattamento così frequenti nella cronaca.

Appena si ragioni più a fondo,accanto ad esso è facile rendersi conto che anche il mondo maschile si sta avvicinando ad una straordinaria trasformazione, per certi aspetti ancora in fieri e dunque dolorosa, tanto che al posto delle figure potenti ed autorevoli di un tempo non è difficile imbattersi nella realtà e nella narrativa recente, che di relazioni parla, in personaggi depressi, esautorati, superficiali, esasperati …

 Per fare un esempio concreto nelle relazioni, molti maschi giovani non sono più “cacciatori” ed avvertono il bisogno di uscire dallo schema tradizionale, altrettanto quanto molte donne si sentono non più prede, anche se una certa percentuale ribalta lo schema e tende ad assumere il ruolo dominante. Un’ interpretazione comica di Monica Vitti in un film di tanti anni fa, ”La ragazza con la pistola”, anticipava le contraddizioni (i contorcimenti!) dei generi in merito descrivendo il personaggio di una ragazza siciliana, obbligata ad andare in Inghilterra per vendicare il suo stesso onore. Ospitata da un amico giocatore di rugby e da sempre condizionata ad essere preda, il film la ritrae nello stupore perché il maschio non si attiva e quando questo lo fa, fraintendendola, lo accusa: situazione paradossale direbbe Watzlawick!

Quali sono le più salienti motivazioni che hanno concorso a creare una sorta di grande scissione, tra la donna violata da un lato ed il maschio esautorato dall’altro ?

A noi è parso utile iniziare a prendere elementi da un libriccino, scritto dagli psichiatri Benasayag e Schmit, per la forte intuizione che caratterizza la loro analisi. Il titolo, che ha avuto ampia risonanza, è: “L’ epoca delle passioni tristi” ed è stato scritto circa 15 anni fa . Autore originario di questa espressione in realtà era stato Spinoza – vissuto nel ‘600, molto lontano dalla nostra epoca – che ne parlava in termini di analisi psicologica individuale: le passioni tristi erano/sono in particolare la disgregazione e l’impotenza, dove per disgregazione si intende la marcata discontinuità del senso di sé e di consapevolezza delle proprie azioni presente talvolta nei soggetti umani.

 Uno dei fattori, evidenti, di crisi, osservano gli autori, riguarda certamente la caduta, o messa in discussione del principio di autorità: ad esempio a scuola il professore non sembra più rappresentare un simbolo sufficientemente forte per i giovani. La relazione con l’adulto è percepita come simmetrica, si nega la differenza in grado di instaurare il darsi di un’autorità. Sino ad arrivare a numerosi casi nelle cronache sociali che evidenziano agiti sempre più gravi ad aggressivi nei confronti delle autorità scolastiche : per fare esempi, lo studente aggredisce il professore, il genitore “vendica“ il figlio per un cattivo voto.

Anche nel rapporto familiare ci si affida molto alla prospettiva simmetrica: si tratta il bambino come un pari – un altro simmetrico – che occorre persuadere e con cui è utile evitare ad ogni costo il conflitto. La difficoltà dei genitori ad assumere una posizione di autorità rassicurante e contenitiva lascia però il bambino solo di fronte alle proprie pulsioni e all’ansia che ne deriva.

Questa mentalità diffusa entra con ogni paziente anche nella stanza terapeutica: in un consulto che ho avuto alcuni mesi fa, il cliente, uomo di media età in attesa in sala d’aspetto, ha riferito ai miei colleghi di “avere un appuntamento con Paola”, frase che un tempo sarebbe stata considerata più adatta ad un invito ad una ragazza. Nel corso del primo incontro abbiamo trovato modo di dialogare per alcuni minuti sul fatto di darci del lei, come da mio suggerimento o del tu, come gli veniva spontaneo.

 Il principio di autorità si è fondato su condizioni che sono evolute nel tempo a seconda delle culture; tuttavia in questo mutamento c’è sempre stato un elemento accettato come invariante, ossia il rinvio alla struttura di un binomio, quello della “autorità/anteriorità”: vale a dire l’idea che il preesistente rispetto all’attuale rappresentasse una fonte di autorità, non perché l’adulto fosse dotato di qualità personali eccezionali, ma perché si riteneva che esso desse un’ ordine all’evoluzione attraverso la trasmissione del sapere e dell’esperienza di vita.

Personalmente sento parlare di crisi del principio di autorità da quando sono ragazzina; niente di nuovo sotto il sole, dunque.La miscela davvero esplosiva è avvenuta da quando la perdita di questo paradigma si è abbinata con il mutamento di percezione del futuro, in fondo riconducibile a Ground Zero, con il crollo delle Torri Gemelle del 2001. Dal mondo che si poteva costruire, attraverso l’impegno, lo studio, la passione, la valorizzazione dello sforzo, si è transitati ad una percezione del futuro come caos, dove emergenza, crisi finanziarie, disastri ambientali, consumismo, precarietà, intrusione dell’intimità ma anche spettacolarizzazione della stessa creano un intreccio consistente di insicurezza ed angoscia. A tutto ciò negli ultimi si è poi aggiunta l’esperienza della pandemia, non ancora superata, che ha dilatato l’incertezza.

René Kaes (psicoanalista e professore di Psicologia clinica a Lione) introduce nel 2012 il termine di “Malessere” ad intendere le conseguenze sul singolo soggetto e sulle relazioni dei mutamenti in atto nel sociale, che vanno oltre la questione del disagio correlabile ad una singola storia psicologica e familiare. E parla dell’ ”uomo scordato”, in quanto paragonabile ad uno strumento musicale privo di armonia, con se stesso e nelle relazioni, dove la sofferenza psicologica si manifesta come un impedimento permanente ad amare, a lavorare, a giocare.

 Non è facile contrastare il paradigma dell’insicurezza introiettata. Una mia paziente adolescente, con una storia intergenerazionale difficile – correlata all’arrivo della madre bambina dalla Somalia in guerra, spesso è venuta in seduta da me raccontandomi di aver visto poco prima un incidente: una volta, due volte, alla terza ho capito che quanto riportava non avveniva per caso. Dopo un’ estate, in cui a seguito di un risultato scolastico negativo, con diversi debiti, si era rimboccata le maniche e a settembre aveva superato gli esami di ammissione alla classe successiva, è stato possibile valorizzare il fatto che impegno e passione possono vincere la casualità cieca.

Se il mondo senza futuro è una visione pervasiva, essa inevitabilmente influenza le relazioni tra i sessi,più libere dalla repressioni di un tempo, ma sovraccariche dei nuovi conflitti. Ad esempio come si può pensare ad un rapporto stabile in assenza di condizioni base di stabilità, un lavoro, una casa, per dire gli ingrediente minimali? L’instabilità da un lato pare giustificare ricerche di rapporti superficiali, oppure posizioni di evitamento, pagate con molta solitudine ed isolamento sociale. Tuttavia Il vissuto attuale della pandemia ha certe volte suscitato anche, per quanto in una minoranza di casi, la ricerca di rapporti meno effimeri, ed un rinnovato desiderio di genuinità e stabilità nell’incontro con l’altro.

Dal punto visto clinico i disturbi gravi che oggi si profilano interessano cedimenti, approfondisce Kaes, del fondamento narcistico del soggetto: si affermano spesso in adolescenza con una crisi dei processi identificatori e dei progetti di vita, portando con sé disequilibri in eccesso o in difetto del narcisismo e rischio di frammentazioni psichiche che possono condurre ad atti di violenza su di sé o sugli altri.

I soggetti che soffrono di queste instabilità drammatiche (talvolta chiamati personalità antisociali, oppure senza limiti o fuori limite) sono bambini, adolescenti o giovani adulti il cui funzionamento è retto da distruttività, onnipotenza e rabbia narcisistica. I comportamenti prevalenti sono caratterizzati da agiti, evacuazione diretta dell’eccitazione, attacchi al legame; mobilitano gli altri e l’ambiente, li colpiscono, li sfidano a contenerli ed innanzi tutto a comprenderli.

Nel saggio di Kaes, parallelamente all’idea di “ricostruzione del limite” sottolineata da Benesayag, viene fornita molta attenzione alle strutture psichiche che assicurano i necessari processi di mediazione. In termini semplici, ciò che permette di amare senza incollarsi in modo più o meno patologico all’oggetto: sappiamo quanto sono presenti nella cronaca casi estremi di stalking e di violenze, successivi a rapporti amorosi la cui conclusione non viene drammaticamente accettata. Ma pur senza arrivare agli estremi, capita ad esempio di lavorare con persone che avendo avuto un partner geloso in modo morboso, hanno attivato come meccanismo di difesa un evitamento rigido che condiziona la costruzione di una vita affettiva di qualità.

Rifacendosi a Bion e Winnicott, Kaes ci ricorda che il contenimento è quella capacità di albergare in sé formazioni psichiche appartenenti ad un altro soggetto. Come tale è l’accettazione non tossica di un legame tra ciò che viene depositato, colui che deposita ed il depositario. Uno spazio ed un tempo di contenimento sono necessari per ridurre l’angoscia nei soggetti disorganizzati, che si sentono attaccati persecutoriamente dal loro contenuto e che attaccano il contenitore. Solo allora il contenimento si può trasformare in funzione contenitiva, fondata sulla capacità riflessiva che porta la persona oltre il cortocircuito da immediata scarica.

 Sono concetti che hanno una notevole pertinenza per qualificare alcuni, essenziali aspetti del malessere contemporaneo, che si accende in particolare quando le parti psicotiche delle personalità dilagano e suscitano angosce che sfociano negli atti antisociali, nelle trasgressioni delittuose e nell’aggressività rivolta all’altro e alla propria persona. La turbolenza nelle relazioni affettive, tra i sessi, risente di tale gioco estremo e ne è spesso il punto centrale.

Nella recente riflessione sull’evolversi delle psicoterapie molta attenzione è andata al profilo prevalente del paziente che sia nel pubblico che negli studi privati sembra accentuare le caratteristiche di ”confine” (tra nevrotico e psicotico), rispetto alle strutture nevrotiche di un tempo: borderline è una terminologia ampia, che comprende psicopatologie diverse e di differenti gradi di gravità, che tuttavia rendono la relazione terapeutica insieme più drammatica ma anche cruciale.

Una delle correlazioni plausibili è che la consuetudine alla mancanza di limite del paziente attuale ci siano antichi vissuti di sofferenza che concernono il rapporto con la figura paterna: essa è un aspetto trasversale, che coinvolge entrambi i generi e ci consente di salire su un colle e vedere le incomprensioni di maschi e femmine in un modo più comprensivo, fuori dalla logica poco utile della colpevolizzazione reciproca. I padri autoritari di un tempo che fu non sono certamente da rimpiangere, ma la loro evaporazione secondo la terminologia lacaniana lascia un vuoto che non deve essere sottovalutato nel percorso terapeutico.

La mancanza infatti porta con sé la possibilità di dare origine a risorse creative, ma perché questo avvenga ci vuole un’attenzione di cura appropriata e spesso un percorso di adeguata durata ed ampiezza.

 Gii stessi padri fondatori della psicoanalisi, Freud e Jung, hanno vissuto nella loro relazione una dimensione affettiva che ha avuto aspetti del rapporto padre/figlio, nel senso ovviamente non biologico ma spirituale. Si sono nutriti in anni di vicinanza e sofferto terribilmente del distacco. La creatività dei loro costrutti si è originata dunque anche da questa separazione, che è stata trasformata in una grande svolta che ha recato con sé nuova luce.

Paola Manzoni


Bibliografia

  • L’epoca delle passioni tristi, Miguel Benasayag Gerard Schmit, Feltrinelli,2013
  • Oltre le passioni tristi, Miguel Benasayag, Feltrinelli, 2016
  • Il malessere, René Kaes, Borla, 2012
  • La scoperta dell’inconscio, Heny F Ellemberger,Boringhieri, 1970
  • Confini borderline: psicoterapia analitica intersoggettiva dei disturbi di personalità, Paolo Cozzaglio, Franco Angeli, 2017

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