Il mondo inquieto delle relazioni: vissuti di mancanza della figura paterna

Gli spunti clinici che presento sono stati raccolti da casi seguiti nel corso degli ultimi dieci anni , con persone che con me hanno affrontato percorsi significativi per intensità e durata. Di essi abbiamo parlato nel corso del Cepei / web seminar dell’ottobre scorso (“Il Mondo inquieto delle relazioni-difficoltà legate alla figura del padre”).

Ho avuto modo di notare tuttora come il tema della mancanza del padre si presenti con una certa frequenza nella stanza d’analisi; ciò mi spinge a tornare di nuovo su due esempi, e tentare alcune osservazioni di carattere generale.

1. Marta venne in terapia attraverso la comunità per minori di cui era divenuta ospite circa sei mesi prima. Aveva 13 anni, graziosa, con modi educati e molta correttezza nell’eloquio ( mi era stata presentata in effetti come una ragazzina che non sbagliava un congiuntivo, a differenza della media dei compagni). Vestita in modo semplice, adatto alla sua età, con un tocco di attenzione e femminilità che mi hanno sempre fatto pensare ad una presenza presso di lei di una figura capace di cure.

Nondimeno nei primi mesi in cui conosco Marta c’è da parte sua una volontà forte di tenere distante la madre, mentre nel dialogo parla di un rapporto privilegiato tra lei, il padre ed il fratello maggiore. Però di notte soffre per forti attacchi di mal di pancia, che addirittura costringono a visite d’urgenza in pronto soccorso, senza mai trovare cause pertinenti di ordine clinico medico.

 Nella seconda seduta in cui ci frequentiamo, Marta racconta questo sogno :

“Lei, il fratello e la sorella vivevano in un ambiente zombi e cercavano la mamma. C’erano dei sacchi, simili a quelli della pattumiera. Lì trovavano il corpo della madre.”

Ricordo che accolsi il sogno senza un’interpretazione, perché in quel momento sentivo alta la sua difesa ;mi limitai ad un commento basato sull’ Ascolto corporeo, e a raccogliere sensazioni ed immagini da esso derivate.

L’età di Marta mi spinse a variare il setting, integrandolo con la Sand play therapy.

Nella storia del nostro incontro il percorso di Sand play si declinò in una decina di Sabbie complessive; Marta mi frequentò una volta la settimana nel periodo in cui era in comunità, per una durata di circa due anni. Poi ritornò dalla madre, con la quale aveva recuperato intanto il rapporto, chiedendo di frequentarmi ancora , per il desiderio di continuare ad avere uno spazio di riflessione.

La prima è una Sabbia bagnata, che la ragazza manipola con energia, aprendo uno spazio di azzurro sottostante. Poi va agli oggetti che sono a disposizione in sala e prende un quadrato di prato. Vi posiziona tanti personaggi : Wendy, Pelle d’Asino, la fata, due regine,il re, una principessa, Il lupo di Cappuccetto, un fattore. A livello di primo commento dice che si tratta del mondo della danza, isolato e bello; la ragazza è al centro, con intorno tutti i suoi personaggi. Vicino c’è il mare e la costa, con sassi, come scogli ostacolanti, un ponte e una barca tipo Lucia su cui posiziona la rete di un’altra barca e mette fiori colorati. Nell’angolo in basso a sinistra, sulla costa, colloca tre mattoncini da costruzione.

La seconda Sabbia è drammatica: costruita nella sabbiera asciutta presenta lo stesso praticello in cui sono poste la ragazza che è Wendy, con vicino una bambina , presso una bici con il cestello . Ma le due ragazze , che si toccano per mano, sono circondate da mezzi militari e sassi tutto attorno a loro.

 Marta in effetti ha nella realtà una sorella minore, rispetto a cui svolge il ruolo protettivo di sorella maggiore. Il commento è sintetico : confusione, dolore. Questa sabbia venne costruita durante la fase in cui il rifiuto della madre era più forte , vissuta come una donna ingiusta, addirittura negata.

Nella terza costruzione Marta utilizza la Sabbia bagnata : definisce un interno con i mobili, abitato da una donna/principessa con una bambina, un uomo ed un ragazzo; fuori c’è un auto, una 500. Wendy, in cui lei si identifica, è nascosta dietro ad un albero che guarda questa scena di vita familiare, forse natalizia, separata da loro, distante, come dice nel commento. L’interno di questa abitazione è definito, anziché da muri, da un cerchio di sassi .

 Si può osservare a proposito della prima Sabbia che tutte le miniature poste sul prato/isola sono personaggi di fiaba, tranne il fattore, che è un maschile contemporaneo.

 La fiaba da un lato ci riporta ad un mondo infantile, in cui Marta è ancora ampiamente coinvolta in modo coerente alla sua età; ma è anche un mondo archetipico. Tra i personaggi che sono più vicini a lei spicca quello di Pelle d’Asino. Marta/Wendy è posta accanto a Pelle d’Asino e al fattore. La favola dei fratelli Grimm ha una connotazione iniziale fortemente edipica: Il Re padre della fanciulla perde la Regina, di bellezza straordinaria e dai capelli biondi. La Regina prima di morire gli fa promettere di sposarsi ancora solo con una fanciulla di altrettanta bellezza. Il Re non la trova, nonostante accurate ricerche. Quella che intanto cresce e diviene bella come la madre è proprio Pelle d’Asino. Il padre decide di darla in sposa ad uno dei suoi fidati consiglieri : la ragazza non vuole, chiede come condizione tre regali che pensa impossibili a consegnarsi , uno dei quali è un mantello intessuto dei peli di tutti gli animali del regno e quando questi le vengono consegnati con sua sorpresa, parte di nascosto per un viaggio che è un cammino trasformativo.

Anche nella realtà Marta è la figlia prediletta di un padre che in qualche modo la sostituisce nei suoi affetti alla madre, anche se non sono risultati atti di natura incestuosa. Il clima familiare è però violento, per maltrattamenti del padre sulla madre, ma anche del padre sul figlio maschio e in più per l’opera di manipolazione sottile con cui l’ uomo convince i figli che i problemi familiari siano tutti da ricondurre alla cattiva condotta della madre .

Ciò che sorprende positivamente e che emergerà con più evidenza nello sviluppo del percorso è che questa ragazzina molto esposta ad un figura paterna pericolosa ha comunque la capacità di contare su una dimensione maschile interiore che la guida a compiere passi di grande ragionevolezza all’interno di un contesto molto complesso, in cui il fratello maggiore rimane ad esempio invischiato . Ciò è rappresentato con molta evidenza nell’ ultima Sabbia che Marta costruisce :

In questa caso Marta sceglie la sabbia bagnata ed inizialmente cerca la sua consueta miniatura favorita, Wendy, posizionandola presso uno dei lati corti della sabbiera. Poi la toglie con gesto risoluto e la sostituisce con una ragazza in tuta jeans, sportiva, con un cestello in mano.

 La ragazza ha vicino a sé una sedia. Dietro, c’è la facciata di un castello ed in cima al castello pone un uomo con il cannocchiale, in posizione di osservatore. Dal lato sinistro della ragazza c’è il fattore, con accanto alcuni mattoni di costruzione.

Nel commento dice:” Ho voluto cambiare personaggio; qualcosa è chiuso, alle spalle. Con la ragazza ci sono personaggi che vogliono contribuire a costruire qualcosa. La ragazza ha con sé una sedia, perché quando vuole può sedersi”.

Mi pare valorizzabile l’atto della sostituzione del personaggio Wendy, da favola, con la miniatura di una ragazza attuale e del suo movimento di apertura del proprio cammino . La sedia che porta con sé mi ha causato molti interrogativi di lettura ; ma tendo a pensare che quella più corretta sia che essa sia allusiva del valore riflessivo della seduta che Marta ha interiorizzato.

La dimensione maschile intanto è saldamente rappresentata attraverso i due simboli dati dal fattore/ costruttivo e dall’osservatore del cielo e delle stelle, come rappresentante del’aspetto direzionale del maschile

2. Indimenticabile fu il primo contatto che si stabilì tra Roberto e me . Era estate, più precisamente un weekend di luglio caldo e bello in cui tutta Italia era catturata dal televisore, perché si giocava una partita culminante di un mondiale di calcio. Io stessa che non sono una grande tifosa mi ero sentita in dovere, per “ appartenenza nazionale”, di mettermi al televisore, nel villaggio turistico dove mi trovavo per una breve vacanza. In questo contesto mi arrivò la telefonata di Roberto, che fece la richiesta di un consulto per la grande sofferenza che stava vivendo a causa del distacco dalla fidanzata.

Dopo alcuni anni di lavoro che accompagnarono ed elaborarono questa faticosa separazione, il percorso psicologico venne chiuso in modo concordato, dopo l’avvio di una nuova relazione che sarebbe divenuta coniugale. Dopo circa quattro anni arrivò però la richiesta di riaprirlo per riflettere in modo particolare sui vissuti professionali, dove si pose un nuovo distacco, per certi versi ancora più struggente del primo : la decisione di lasciare l’azienda di famiglia, centrata sul padre imprenditore, con la compartecipazione di un parente ingombrante e del figlio di costui.

Roberto ed io dunque ci trovammo a più riprese a discorrere del vissuto di separazione, trasversale a diverse esperienze di vita che per lui, più di altre persone, faticava ad essere accettato. Coerenti a ciò sono i sogni che riporto e che chiamammo sogni dei grandi uteri affettivi :li fece più volte, con diverse sfumature ma simili nella sostanza e nel vissuto , che riguardava il sentimento di esservi trattenuto:

“Sogna di essere nella casa di famiglia, che ha abitato sino ai vent’anni “

“ Sogna di essere nell’azienda di famiglia, nei cui uffici ha lavorato per lungo tempo”

 Roberto aveva una certa difficoltà a stabilire un ponte di comunicazione tra coscienza ed inconscio, anzi una propensione alla scissione di questi poli della personalità che lo portava ad affidarsi in modo prevalente alla ragionevolezza del verbale e dell’ istinto a procedere per piccoli e cauti passi.

 Ciò non gli impedì con il tempo di creare una realtà famigliare solida e a proporre la propria specializzazione in aziende del settore, in ruoli professional , non più imprenditivi. Non mancarono però fasi in cui la tendenziale scissione svelò il suo lato borderline, portandolo a rischiare momenti di caduta psicotica, con acuirsi di stati ansiosi e depressivi.

Il lavoro dunque non fu facile e proseguì per tanti anni. Nonostante tutta la fiducia che caratterizzava la sua relazione con me e che lo portava a frequentarmi superando anche i disagi della distanza chilometrica, fu solo in una fase matura della nostra conoscenza che egli fece un sogno di transfert ed insieme di distacco dall’utero affettivo rappresentato dal simbolo della casa di famiglia. Ciò avvenne esattamente nel periodo in cui io stessa soffrivo in modo intenso la vendita di una casa che avevo amato tantissimo e che anche per me era da sempre intimamente collegata alla storia della mia famiglia. Roberto non lo sapeva , ma intuì probabilmente il mio stato d’animo come spesso capita ai pazienti e ciò agì in lui come leva intersoggettiva a favorire un mutamento nel profondo. Fu allora che fece questo sogno:

“ Guardava il muro di cinta di casa sua da fuori e vedeva che dentro c’erano dei mezzi parcheggiati, che collegava a nuovi proprietari. Poi proseguiva e trovava un prato, con erba alta; vi lasciava le impronte. Incontrava una signora in età, con un cane di piccola taglia, e si fermava a dialogare con lei”

Nella descrizione che mi fece delle relazioni della famiglia d’ origine spiccava il modello , classico una volta, della separatezza delle funzioni genitoriali : la madre centrata sulla crescita dei figli, senza un’occupazione autonoma dalla famiglia ed il padre viceversa occupato nel lavoro, con una dedizione massima al ruolo d’imprenditore idealizzato da tutto il gruppo, per cui nel ritorno a casa egli non doveva essere “disturbato”.Mancò dunque a Roberto uno sguardo di riconoscimento rivolto a lui dal padre e la condivisione di momenti di interesse o di svago nella fase infantile, che facilita tra un figlio e un genitore la creazione di future alleanze nella comunicazione . La crescita del ragazzo fu seguita da un mondo al femminile, dove le coordinate affettive predominanti erano di tipo protettivo.

 Fu pertanto una grande diversificazione da questo modello il fatto di trovarsi a vivere un’identità maschile completamente diversa da quella del padre (con cui il dialogo continuò per tutta la vita in modo peraltro affettuoso) , un po’ per caso, un po’ per cambio generazionale, in parte per stimolo della compagna. Tale identità era meno totalizzante sull’universo lavorativo, forse meno brillante del ruolo imprenditivo, ma più partecipe nel rapporto con i figli, oltre che con la moglie.

 A proposito di questo lavoro mi viene da osservare che in generale Il lavoro di elaborazione della capacità di separarsi è fondamentale nel nostro mondo. Moltissimi casi di violenza , sino ad arrivare ai femminicidi, nascono da personalità che non riescono a tollerare il distacco. e ricorrono alla violenza perché non possono contenere istanze psichiche diverse dalle proprie. Roberto, a passi talvolta incerti, ma anche con grande resilienza e fiducia nella riflessione psicologica, riuscì a trovare un suo modo di essere uomo, diverso ma non di minor valore da quello proposto dalla generazione precedente.

 Nel corso della preparazione al webseminar citato in premessa, svolto in collaborazione con le colleghe dottoresse Laura Zecchillo e Fabia Errani, abbiamo avuto modo di riprendere testi a nostro avviso di valore nella riflessione junghiana in merito alla figura paterna, la cui lista si può trovare nella ripresa del seminario su You tube .

 Un classico è “Il gesto di Ettore : preistoria, attualità e scomparsa del padre “ di Luigi Zoja. Opera di ampio respiro, che rilegge dal punto di vista evolutivo storia e mito dedicato al Padre. Il gesto di Ettore che incontrando Andromaca ed Astianatte prima del duello con Achille,alza nelle braccia il bambino e invoca gli Dei,acciocchè sostengano la crescita del figlio, sino al punto di farne un uomo – un soggetto- molto più forte del padre , è significativo di un mondo che si è incamminato su una svolta radicale dai padri divoranti di alcuni miti.

Concludo questo scritto con il rinvio ad un altro testo, meno noto : l’autore,o meglio il coordinatore ( dato che l’opera è un collected works) è Andrew Samuels, ed titolo è semplicemente Il Padre;Samuels ed i suoi colleghi sono membri della Society of Analytical Psychology di Londra.

 Nell’introduzione Samuels definisce almeno due motivazioni importanti per affrontare il tema : la prima è controbilanciare una letteratura troppo univoca nell’attenzione che ha dato al rapporto figlio/madre,recuperando la rilevanza della funzione paterna come agente di dinamismo psichico, nel divenire della vita emotiva dei soggetti. La seconda ci porta agli albori della psicoanalisi : anche se non biologico il rapporto tra Freud e Jung fu un rapporto intenso che aveva diversi aspetti del rapporto padre/figlio. La separazione fu vissuta in modo doloroso da entrambi, portando addirittura con sé pericoli di sconfinamento psicotico ;ma fu alla base di costruzioni teorico cliniche creative e lungimiranti.

Samuels ricorda la rilevanza di affiancare al padre reale, il padre archetipico ed il padre interiore, che è una miscellanea di padre reale introiettato e padre archetipico inconscio. Questa differenziazione a me pare utile per ricordare che anche davanti ai traumi abbandonici più forti,è sempre percorribile la strada di una rielaborazione nel mondo interno. Ed il pensiero mi va a Marta, che pur esposta al trauma grave della violenza , riesce a trovare dentro di sé una dimensione maschile che la sorregge, attraverso l’affermazione di un senso costruttivo ed evolutivo.

Roberto forse subisce un trauma meno grave, ma subdolo per la sua continuità: l’assenza emotiva del padre nel suo sviluppo. Ciò lo porta a problemi di invischiamento nella relazione con la madre ed il materno. Eva Seligman, nella stessa opera di Samuels, pubblica un saggio intitolato I Semivivi, in cui riflette su questa condizione che ella dice potrebbe essere rappresentata da un parto in cui la funzione di espulsione non riesce del tutto : il bambino è trattenuto nell’utero! E’ una condizione che tende a esprimersi, osserva, anche nel rapporto terapeutico, portando questi soggetti a creare rapporti fusionali con i loro terapeuti, che ne minano l’efficacia di cambiamento. Anche in questo caso, è fondamentale che nel mondo interiore si costruisca un simbolismo di madre-padre integrati , come premessa per garantire al soggetto la possibilità di abbandonare positivamente l’unione primaria.

Paola Manzoni


Bibliografia

  • Il padre, prospettive junghiane contemporanee. Andrew Samuels, Borla
  • Il segno del padre, nel destino dei figli e della comunità. Paolo Ferliga, Moretti e Vitali
  • Il gesto di Ettore : preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre. Luigi Zoja, Bollati Boringhieri
  • Il padre, l’assente inaccettabile. Claudio Risè, San Paolo edizioni

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