Nella nostra società complessa le relazioni, di qualsiasi genere siano, sono diventate sempre più problematiche rispetto a un passato dove i ruoli erano ben codificati. In questo panorama, in particolare “l’assenza” (nelle sue molteplici declinazioni) del padre, è certamente una delle cause del diffuso disagio che ci troviamo ad affrontare nelle nostre narrazioni esistenziali e in quelle che ci portano le persone che si rivolgono a noi.
Chi avesse seguito il seminario Il mondo inquieto delle relazioni. difficoltà legate alla figura del padre (https://www.youtube.com/watch?v=yj2xTEZfkSg e https://www.youtube.com/watch?v=1EALYVRJ9s8) e conosce già i titoli dei libri che qui prendo in esame, può qui trovare un breve approfondimento.
“L’uomo che trema” racconta la storia della depressione maggiore che l’autore chiama “cattivo umore” e da cui cerca una via d’uscita. Pomella ne ha sofferto fin dall’infanzia e ne trova una della cause principali nell’abbandono da parte del padre quando aveva sette anni.
Vorrei soffermarmi su come viene narrata la malattia. Nell’ultimo decennio la depressione è aumentata del 20% ed è al 5° posto tra le cause di disabilità nel mondo (non mi addentro nei dati più recenti perché possono essere facilmente reperiti in rete da chi fosse interessato al tema).
Secondo l’autore la depressione riguarda profondamente “il senso della vita”. Ci racconta che l’evento devastante che lo portò a cercare il primo psichiatra a cui si è rivolto avvenne nel giugno del 2017. Così lo descrive: “ Una mattina mi sono ritrovato a vagare nel parcheggio deserto della scuola in cui lavoro, e tutt’a un tratto ho provato il dolore più acuto e al contempo irrazionale, il dolore che deriva dal non essere più qua, su questa terra in questo luogo fisico, ma fuori dal mondo, in una landa abbagliante di sole, privo di pelle, esposto a forti scottature , con la sensazione di percepire una colata di metallo gelido che scende nell’esofago. In quel momento la vita , il mio essere al mondo, la somma delle attività umane, il dispositivo stesso di natura che alimenta le creature viventi dell’universo, in una parola sola, tutto era privo di valore.”. La moglie contatta il primo psichiatra, prende l’appuntamento. Lui va e inizia la terapia, in prevalenza farmacologica. Nello scorrere la pagine che descrivono la terapia, il dosaggio, gli effetti collaterali vediamo che è la relazione che manca.
Questa invece ci sarà, e sarà di aiuto, nell’incontro con il secondo psichiatra, consigliatogli da un amico a cui chiede un appuntamento quando ha deciso di interrompere la cura con il primo a cui si era rivolto. Con questo terapeuta sente l’ascolto, l’attenzione alla sua persona. Nella ricerca del padre, che non ha visto per trentasette anni, e poi della ricomposizione “miracolosa” (che viene narrata nel secondo libro “I colpevoli” che prosegue il primo) di questo rapporto la cui mancanza è stata una delle cause motivanti la depressione, si inserisce la relazione di cura. Nell’assenza paterna, rimanendo nei giusti limiti del “setting”, la figura del terapeuta è importante sullo sfondo, ma non è “dentro “ la trama. Colpisce la ricerca di riconoscimento, in una situazione che si è aggravata in modo preoccupante, in una persona che non si accosta volentieri al mondo “psi”. La relazione terapeutica affianca, sullo sfondo, il sostegno irrinunciabile della moglie e del figlio di otto anni.
Nel testo “I colpevoli”, cui accennerò brevemente, ci viene narrato il percorso di ricostruzione (o meglio costruzione) del rapporto con il padre, ritrovato grazie alla richiesta di conoscerlo del figlio dell’autore /protagonista. Ricucire un pezzo di esistenza che si è passati così lontani sembra un compito impossibile. Eppure … In questo libro, nel quale Pomella si rivolge al padre con il tu, come scrivendogli una lettera, lo psichiatra e gli antidepressivi non ritornano, anche se sono dietro le quinte. Qui sono le storie che curano (ricordo il bel libro di Hillman dal titolo “le storie che curano”). Una in particolare mi ha colpito, quella del poeta William Pitt Root, che non è ancora stato tradotto in italiano e che Pomella si ripromette di tradurre. Questo poeta è nato nel 1941 ad Austin in Minnesota ed è cresciuto nella fattoria del padre in Florida. Vive a Durango in Colorado con la moglie, un cane di nome Mojo Buffalo Buddy e la gatta Sadie. Nel libro vengono riportate la parole dette dal poeta in un’intervista: “Quand’ero bambino i lavori che fanno gli adulti mi sembravano così noiosi che non capivo perché li facessero, Mio padre mi spiegò francamente che li fanno perché devono mangiare. Quella fu per me molto di più che una semplice spiegazione. Poi quando avevo undici anni mio padre fu ammazzato, e io dovetti crescere in fretta, perché immaginavo di dover contribuire, beh, sai intendo sopravvivere, aiutare mia madre e così via”.
Nelle sue poesie il tema della perdita del padre ritorna come un’ossessione. “Il padre fattore che diffidava dei libri e che non avrebbe mai accettato di ritrovarsi in casa un figlio poeta”.
In questa poesia, riportata nel testo, “c’è la revocazione della figura paterna, un’immagine seminale eterna e immutabile come un trauma infantile” che può essere curato con la parola poetica.
Tu eri al mio fianco
Tu eri la montagna
che ostruiva la metà
d’un cielo colmo di stelle.
Io ero piccolo
nella profondità della tua ombra,
fissavo acqua nera
e barche sfavillanti .
Concludo con questi versi della raccolta di William Pitt Root , “A gift of stone”:
Chini sulla superficie dello stagno
scorgiamo noi stessi che guardiamo su
dal cielo alto dietro di noi
dove le nuvole si ammassano
come le facce degli avi
in sommo ricordo di vento.
Fabia Errani
Bibliografia
- Hillmann J. (1984) Le storie che curano: Freud, Jung, Adler, Cortina.
- Pomella A. (2018) L’uomo che trema, Einaudi.
- Pomella A. (2020) I colpevoli, Einaudi, 2020